VICE - L'UOMO NELL'OMBRA

("Vice" - 2018 - 132 minuti)

 

 

Partiamo col dire che questo film è più che altro l'ennesima prova che il trasformista Christian Bale è sicuramente uno dei più grandi attori dei nostri tempi.

Siamo tutti d'accordo? Bene.

La sua capacità di adattarsi ad ogni personaggio, fisicamente e mentalmente, è eccezionale. Attraverso le sue movenze studiate, la sua perfetta mimica facciale, la capacità di bucare lo schermo con uno sguardo ha reso un Dick Cheney perfetto.

Che poi muoia presto perché continua a stravolgere il suo fisico è una questione secondaria al momento...

Il regista Adam McKay, che già si era fatto le ossa sulla storia moderna americana con il bellissimo "La grande scommessa", costruisce attorno all'interpretazione di Bale tutta la pellicola, affidando le parti intorno a lui ad un cast di grande talento (Adams, Carell, Rockwell ecc.) ma lasciando sempre il suo protagonista sotto i riflettori, senza approfondire troppo su di loro.

A fronte di un comparto recitativo di tutto rispetto (accompagnato da uno dei migliori trucco e parrucco degli ultimi anni, veramente impressionante) si staglia una storia che abbraccia 40 anni di politica interna ed estera del più grande paese del mondo, plasmato più volte dal contesto storico e da un popolo che ama seguire i propri leader, osservando più la luna che non il dito che la indica. Attraverso la carriera del controverso Cheney vediamo il ritratto di un' America che cambia nella facciata ma resta vittima dei propri ingranaggi interni, silenziosi e spietati.

Purtroppo il film vola velocissimo e non aspetta nessuno. Questa volta non riesce, come nel già citato "La grande scommessa", il gioco di rendere fruibile a tutti del materiale ostico per i più. Difficile seguire "Vice" se non si è vissuto quei momenti storici o se non si ha un minimo di conoscenza sull'argomento in quanto tende a dare per scontate diverse nozioni che scontate non sono (per un non americano soprattutto). Manca anche un po' di coesione totale in quanto si avverte molto la presenza di piccoli blocchi narrativi disgiunti, causa di un montaggio a volte troppo caotico e troncante, ma non si può negare la potenza narrativa di alcune trovate di McKay, che gioca con il simbolismo e si dimostra molto onesto nell'evitare di inventarsi pezzi di narrazione quando non ha testimonianza dei fatti (usando qualche espediente decisamente riuscito).

Chi ama l'argomento e non ha paura di affrontare due ore di chiacchiere politico-economiche non potrà che trovare affascinante la storia di un uomo che ha oggettivamente mosso i fili del potere della storia moderna, in un film non perfetto, a volte un po' pretenzioso ma decisamente intelligente nell'analizzare un profondo senso di sfiducia verso l'americano medio, tema molto caro al regista.

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