COME UN PADRE

("Come un padre" - 2022 - 78 minuti)

 

 

"Come un padre" non è un titolo banale parlando di Carletto Mazzone, il cui nome è conosciuto da qualsiasi tifoso di calcio italiano. La sua figura è talmente radicata nella nostra memoria storica sportiva che la figura del "padre" è la prima che viene in mente, una presenza silenziosa o rumorosa a seconda del bisogno, saggia o veemente dove la situazione lo richiede.

Alessio Di Cosimo realizza un film-documentario che ne analizza l'abilità professionale ma anche e soprattutto l'umanità, sia dentro che fuori dal campo. Ne esce fuori un ritratto profondamente rispettoso, farcito da tantissime testimonianze di giocatori, colleghi e collaboratori, filmati di repertorio e condito da alcune sequenze ricostruite con attori della gioventù di Mazzone (a dire la verità le uniche parti che mi sono sembrate davvero slegate dal resto, troppo artificiose rispetto alla genuinità del resto).

"Come un padre" lascia perdere il pubblico delle grandi occasioni, rivangando poco delle soddisfazioni calcistiche, per concentrarsi su una narrazione più intima e raccolta, diventando un interessante insieme di aneddoti legati ad un calcio che ormai non esiste più.

Mazzone, l'allenatore del popolo, fotografia di una cultura legata alle tradizioni ma al tempo stesso, quasi inconsciamente, creatore di dettami più moderni e capace di intuizioni spesso sottovalutate. La sfilata dei suoi "figli" sportivi, che ancora provano sincero affetto e riconoscenza, rendono commossa testimonianza alla sua importanza come allenatore e come figura di riferimento, diretta ma premurosa.

La pellicola soffre ovviamente di una forte vena nostalgica, da cui però non si può non rimanere affascinati. Rivedere un calcio dominato da sentimenti ed eroi, in cui i soldi non erano al primo posto, i procuratori non contavano niente e gli allenatori erano ancora mentori indiscussi per i giocatori. Un mondo in cui Carletto Mazzone ha avuto un ruolo di assoluto protagonista, pur non vincendo praticamente niente.

La sua storica corsa sotto la curva dell'Atalanta, dopo il terzo gol di Baggio, suo adepto più caro, è la fotografia di un tempo in cui gli allenatori non si nascondevano dietro a tattiche e discorsi, ma vivevano il pallone con cuore e passione.

 

"Nun 'amo vinto gnente, però ammazza le risate che se semo fatti!"

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