BORG MCENROE
("Borg McEnroe" - 2017 - 100 minuti)
Guardando questo film non può venire in mente che un altro titolo similare che tratta sempre la sfida tra due campioni sportivi: sto parlando di quella piccola perla di Ron Howard intitolata "Rush". Purtroppo "Borg McEnroe" non riesce ad essere all'altezza del titolo sopracitato, un po' perché il regista danese Janus Metz non ha la classe e l'esperienza di Howard e un po' perché la Formula 1 ha il vantaggio di essere uno sport molto più affascinante e cinematografico del tennis. Nonostante ciò, ne esce fuori una buona pellicola, che pur partendo da un plot anche troppo banale (il torneo di Wimbledon viene intervallato da flashback che cercano di spiegare il carattere e le motivazioni dei protagonisti, nel più classico dei canovacci di genere) riesce a creare momenti interessanti, specie nella parte finale. Lo scontro decisivo è infatti il momento di punta del film, dove finalmente esplode una rivalità troppo poco accennata precedentemente, che si perde in molti ricordi (spesso ridondanti e non particolarmente significativi) ma caratterizzata da un buon montaggio non valorizzato dalla regia.
La rivalità storica dei due sportivi è sicuramente suggestiva, molto basata sulle enormi diversità tra i due contendenti che vedono nel tennis un significato di vita quasi totalitario, un punto purtroppo toccato in maniera superficiale dalla storia. Oggettivamente è stato fatto un lavoro migliore sul personaggio di Borg (il film è una produzione svedese) mentre McEnroe risulta a volte troppo stereotipato.
Ho trovato il casting piuttosto azzeccato, con Sverrir Gudnason perfettamente calato nella parte del glaciale "Iceborg" (uno dei soprannomi più belli e azzeccati mai creati nel tennis) e Shia LaBeouf che riesce a mettere tutta la sua naturale antipatia nel terribile McEnroe.
Un film che funziona nel suo piccolo ma che si adagia troppo su una narrazione statica e ridondante, elevandosi solamente sulla partita conclusiva, resa in maniera eccelsa e carica di quell'ansia che tenne tutti con il fiato sospeso in quella finale di Wimbledon del 1980, giustamente passata alla storia.