TALK TO ME
("Talk to Me" - 2022 - 95 minuti)
Appena finita la visione mi sono subito reso conto che non riuscivo esattamente a capire il senso del film. Ne avevo compreso il fascino e lo stile, ma non riuscivo a incasellarlo in un genere preciso poiché, pur appartenendo alla categoria horror, non ne possedeva gli attributi né lo stile. Leggendo alcune dichiarazione dei registi Danny e Michael Philippou, qui al loro debutto cinematografico, sono venuto a sapere che la pellicola è una grossa metafora sulle dipendenze.
Rifletto.
Ripensandoci a mente fredda, il parallelismo regge e convince, ma al tempo stesso mi rendo conto che è il vero punto debole del film. Sembra quasi che la storia non riesca a svilupparsi perché
ancorata a questa metafora di fondo, arrivando a toccare tante cose ma senza svilupparle mai per non "andare fuori tema". I demoni dell'aldilà come l'eroina, il baratro dell'inferno che
letteralmente ti trascina dentro. Dopo un bellissimo prologo che promette grandi cose, la narrazione stenta a decollare, i personaggi (nonostante la bravura della protagonista, Sophie Wilde)
risultano piatti e poco interessanti e si continua a tornare sui soliti temi del lutto, visto e stravisto, e della particolare "possessione" a tema sballo giovanile (che una volta portava al
sesso, adesso alle visualizzazioni su Youtube, ai posteri l'ardua sentenza) che si comincia per ingenuità e si continua per astinenza.
Peccato, perché la pellicola trasuda la voglia di fare e di imporsi, con un budget piccolo piccolo, con una sua personalità che riesce a definirsi nella massa.
Alla fine rimani con un film piacevole, piuttosto originale ma non pauroso (pur con qualche momento splatter, anche i jumpscare sono ridotti all'osso), leggermente noioso sulla parte finale e carico di un metaforone preponderante che forse avrebbe convinto di più se fosse stato derivativo e non di origine per la storia. Sicuramente ne sarebbe uscito un film migliore.