SPLIT

("Split" - 2016 - 116 minuti)

 

 

"Split" rappresenta il vero ritorno del regista M. Night Shyamalan al grande cinema dopo il baratro in cui era caduto negli anni 2008/2013, di cui vedevamo dei barlumi già dal precedente "The Visit".

In questa pellicola ho rivisto finalmente il regista di un tempo, dallo stile personale, dai tempi dilatati, dai budget contenuti, dagli effetti speciali minimi, dalle inquadrature ricercate. Un artista a tutto tondo, che ritrova la sua personale visione di cinema scavando in una storia più piccola ma più accurata. Una persona che ha abbandonato i blockbuster dai grandi budget, a cui non sembrava proprio appartenere, per riabbracciare uno stile più intimo, fatto di pochi attori, poche location e, finalmente, una sceneggiatura semplice ma decisa, degna di essere raccontata su schermo con gusto e stile.

"Split" si dimostra un film molto ben fatto, ottimamente calibrato nei tempi e affascinante nelle tematiche. La dissociazione di personalità è una di quelle malattie mentali che attraggono nel loro essere così sceniche, che istigano nello spettatore la macabra voglia di vedere ancora e ancora, la curiosità dell'oscuro.

James McAvoy, mattatore contemporaneamente protagonista e villain, si dimostra bravissimo ad interpretare il molteplice Kevin Crumb (ispirato ad una persona realmente esistita, tale Billy Milligan, cercatelo su internet se non conoscete la sua incredibile storia), in continuo bilico fra gestualità e vocalità, senza mai cadere nelle macchietta. Ogni personalità è studiata, ricercata nei dettagli e coerente con la scena. Accanto a lui una giovanissima Anya Taylor-Joy, che buca lo schermo senza fare quasi niente.

Stavolta il plot-twist è l'intera pellicola, che trasforma il classico thriller iniziale in qualcosa di completamente diverso mano a mano che la vicenda va avanti, per arrivare ad un finale che ha lasciato ogni fan spiazzato ed esaltato. Un finale personale e coraggioso, che non mancherà di far discutere.

"Split" è un film sull'importanza del dolore, sulla coscienza di se stessi e sulla psiche umana, così fragile e così potente. Il tutto narrato con la straordinaria mano del regista indiano, alle prese con uno delle sue pellicole più riuscite.

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