ANATOMIA DI UNA CADUTA
("Anatomie d'une chute" - 2023 - 150 minuti)
Il film di Justine Triet, già Palma d'Oro a Cannes, rientra in quei thriller atipici che non hanno bisogno di ritmo, scene d'azione, colpi di scena o momenti di tensione.
"Anatomia di un caduta" (un titolo splendido, fra l'altro) pone la sua intera esistenza su una solidissima sceneggiatura di Arthur Harari e della stessa Triet che prende spunto dalla morte sospetta di una persona per parlare di tutt'altro, pur portando avanti le indagini e il successivo processo per tutta la durata della pellicola, fino a sfilacciarci un po' nei minuti finali, dove manca di un vero e proprio guizzo che lo avrebbe reso davvero memorabile.
"Anatomia di una caduta" è un film volutamente ambiguo, che non prende le parti di nessuno e tratteggia con duro realismo ogni personaggio coinvolto, dipingendo luci ed ombre di un complesso quadro fatto di rapporti e conflitti. Con il passare dei minuti l'interessa verso il caso vero e proprio scema a favore di quello che è il vero protagonista della vicenda: il complesso rapporto fra due persone diverse. E' quella la vera caduta di cui parla il titolo, la vera analisi che appassiona lo spettatore. La caduta di un rapporto, della parola, della verità. La costruzione e decostruzione che viene fatta sulla protagonista (una bravissima Sandra Huller) nasconde una serie di riflessioni sui valori di potere all'interno della coppia, sulla presa di responsabilità, sulle sofferenze taciute e non accettate, sull'ambiguità delle situazioni di caos, viste da tre punti di vista diversi: quelle di una madre accusata, quelle di un figlio ferito (Milo Machado Graner, vero cuore del film) e quello, ricostruito, di un padre vittima. Justin Triet è eccezionale nel focalizzare l'attenzione dello spettatore dove c'è bisogno, con i suoi accurati movimenti di camera e il montaggio e altrettanto preciso nel dare la giusta importanza ad ogni dettaglio, il tutto senza una colonna sonora d'accompagnamento.
"Anatomia di una caduta" è un film che non lascia indifferenti, portando sullo schermo in modo molto intelligente e non banale il fallace uso della parola "verità". Una pellicola di valore che fa pensare e riflettere, al di là delle considerazioni finali personali sulla trama (che comunque possono portare a risultati differenti, a seconda della propria sensibilità).