"The War - Il pianeta delle scimmie"
("War for the Planet of the Apes") - 2017
Ogni volta che guardo un personaggio digitale con le performance di Andy Serkis mi domando perchè questo attore non ha mai ricevuto un Oscar. Tralasciando l'ormai surreale gestione di questi ultimi, mi resta da dire che la trilogia di Cesare è prima di tutto il suo piccolo capolavoro. La perfezione della mimica facciale della scimmia protagonista è impressionante. In un film dove le battute sono pochissime e tutta la narrazione passa attraverso il linguaggio del corpo e degli sguardi, la perfezione del performance capture ha dell'incredibile. Pensavo che non si potesse fare meglio del film precedente ma sono riusciti a stupirmi ancora una volta. Le meravigliose movenze di Cesare, l'estrema espressività degli occhi di Maurice, l'impressionante umanità di Scimmia Cattiva, tutti elementi che trascinano lo spettatore in un'avventura reale, coinvolgente, che ti tiene incollato allo schermo fino alla fine.
Matt Reeves, che ha ormai fatta sua questa saga (ha diretto anche "Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie"), non solo si dimostra all'altezza del compito regalandoci scorci bellissimi e movimenti di camera di grande effetto ma ci regala una storia che ha dentro tutto quello che serve, arrivando ad integrare elementi biblici nemmeno troppo velati.
Il bello è che la guerra del titolo è solo di sfondo alla vera vicenda, incentrata sempre più sulle scimmie e sul loro cammino di evoluzione a specie dominante, lasciando all'uomo una piaga tutta nuova e relegandolo a mero strumento di narrazione opposta. Woody Harrelson, perfetto esempio del prototipo di uomo al comando rimasto, è bravissimo nel portare sullo schermo tutte le sfumature di un personaggio che sarebbe altrimenti apparso fin troppo stereotipato nelle sue azioni (ulteriore indizio che l'attenzione è tutta sulla specie animale, invece maniacalmente caratterizzata).
Un film densissimo di situazioni e capovolgimenti, di momenti lenti e di lunghi silenzi, di tante sottotrame e simbolismi importanti, di sentimenti contrastanti e decisioni importanti, di tradimento e affetto. Reeves si dimostra molto attento non solo alla continuity, sempre seguita non dimenticandosi mai del fattore causa-effetto, ma anche alla psicologia delle razze coinvolte, portate a scontrarsi con un mondo che sta cambiando (ritorna ancora il tema dell'evoluzione).
Ad accompagnare il tutto una colonna sonora bellissima di un Michael Giacchino STREPITOSA, capace di essere sia potentissima che estremamente dolce, passando dall'uso di grandi tamburi tribali a piccole note di pianoforte. Niente da dire, sembra che l'ultimo periodo di questo musicista lo abbia davvero rimesso in carreggiata, riacquistando la stima di chi, come me, dopo un ottimo avvio era rimasto molto deluso da diversi suoi lavori.
Uno bellissimo finale per questa trilogia che, insieme all'originale film del 1968, rappresenta il meglio di quanto uscito su questa saga che, a modo suo, spero resterà nell'immaginario collettivo per molto tempo.
Un cinema silenzioso, umile, studiato, che merita.
"Scimmie. Insieme. Forti." (quando lo dirai anche tu capirai quanto sono stati bravi gli autori)