LOGAN -THE WOLVERINE
("Logan" - 2017 - 137 minuti)
Strano parlare di questo "Logan", per giudicarlo onestamente bisogna mettere da parte i sentimenti e analizzare con obbiettività ogni aspetto.
“Logan” è certamente un film atipico rispetto agli altri della saga dei mutanti. Se ne discosta come ambientazione, come ritmi, come impostazione della storia, sembra voler trovare con forza una propria identità personale, finendo per poter essere considerato un film a se stante, tranquillamente vedibile anche se non si conosce le altre pellicole (ad eccezione di pochi collegamenti senza troppa importanza per la pessima continuity della saga dei mutanti).
Mangold capisce cosa non funzionava nei precedenti film solisti di Wolverine: Wolverine stesso. Il personaggio al cinema ha sempre funzionato bene quando faceva da contraltare per gli altri, quando era parte di un gruppo, quando la sua “ribellione” spiccava sul concetto classico di eroe. Purtroppo, quando tutti questi elementi mancavano e si creava un film incentrato su di lui, ne usciva fuori un personaggio piuttosto piatto e con veramente poco da dire (anche grazie al poco utilizzo delle sue storie cartacee). Qui invece, riscrivendo completamente la sua figura, spogliandola dei classici concetti eroistici e rimanendo con un vecchio solo e incazzato con chiunque non lo voglia lasciare in pace, sono finalmente riusciti a creargli un’aura originale, purtroppo mal amalgamati in una storia altrettanto interessante.
Con un banale pretesto infatti, viene messo in scena un road-movie piuttosto semplice in cui sono le interpretazioni dei protagonisti a farla da padrone per salvare la baracca. Peccato che la sceneggiatura non sia all’altezza della messa in scena (visivamente il film funziona alla grande) con dialoghi scialbi e poco ispirati.
Immensa invece la performance di Jackman, che da tutto se stesso per questo film. Il suo Logan è l’immagine della sofferenza, davvero avvertibile ad ogni passo, ad ogni respiro. L’affresco di un uomo stanco che cerca, ma forse non vuole, una ragione per andare avanti, che riesce comunque a trovare la forza per fare quel metro in più che differenzia l’uomo comune dall’eroe. Nonostante il fisico non sia più quello di una volta, le sue movenze rendono perfettamente la metà bestiale (merito anche di discrete coreografie nei combattimenti, stavolta spinte al massimo della violenza possibile, rendendo finalmente giustizia a quei cavolo di artigli), così come i suoi occhi stanchi e gonfi trasudano quella paura di amare che ha caratterizzato da sempre il combattente canadese. Accanto a lui un Patrick Stewart sempre a suo agio nei panni di Xavier, in un'interpretazione fatta di luci ed ombre, che convince per intensità ma perplime su alcune scelte per me poco coerenti al personaggio.
La vera rivelazione della pellicola è però Dafne Keen, qui al suo esordio. Mi ha davvero stupito in positivo la sua interpretazione di Laura (futura X-23) con l’intensità dei suoi sguardi e la grande varietà di espressioni, un’ottima scelta di casting.
In definitiva mi è piaciuta l’idea di un cast ridotto all’osso, delle ambientazioni spoglie, dalla colonna sonora minimalista ma efficace, del ridimensionamento dell’eroe che da salvare il mondo passa a salvare una singola persona. La passione messa nel film è tutta su pellicola, sia da parte del cast che dalla troupe. Allora dove è il problema?
Il problema del film è che in questa occasione Mangold si dimostra un buon mestierante e poco più.
“Logan” soffre di una sceneggiatura davvero debole che non lascia dialoghi memorabili e che riesce ad emozionare solo in determinati punti (e non venitemi a parlare di un finale che, per quanto ben fatto, visti gli elementi coinvolti, era da giocata facile facile), che cerca l’epicità continuamente senza quasi mai toccarla e che ha il fastidioso difetto di accarezzare diversi elementi molto molto MOLTO interessanti (solo per citarne alcuni: la condizione di Logan e Charles, la fine dei mutati, la futura geo-politica della terra, la dinamica adulto-bambino, i vari esperimenti, la ricerca della redenzione, la caratterizzazione dei villain) affrontandoli però in maniera superficiale, lasciando allo spettatore il compito di colmare i vuoti. Troppi vuoti. Troppo comodo.
In definitiva “Logan” si dimostra solo un buon film, più furbo che valido. Dispiace perché poteva essere un ottima pellicola se solo la sceneggiatura avesse avuto lo stesso cuore con cui Hugh interpreta per l’ultima volta il suo indimenticabile Wolverine.