RAPINIAMO IL DUCE
("Rapiniamo il duce" - 2022 - 90 minuti)
Un po' "Ocean's Eleven", un po' "Bastardi senza gloria", un po' film storico all'italiana, un po' action senza impegno. Il nuovo film di Renato Di Maria, imperfetto ma sincero, attinge da tanti generi senza trovare però una sua identità. Al confine tra sacro e profano, si pone un'ambientazione storica poco innovativa (l'ultimo periodo del fascimo) e poi la si infarcisce di anacronismi (specie nella bizzarra colonna sonora), basando il tutto sulla fantomatica leggenda del "tesoro di Mussolini", principale obbiettivo di una banda di emarginati capitanata da Pietro Castellitto, che dovunque lo metti funziona, con quella faccia che suscita simpatia alla prima occhiata. Molto peggio di lui se la cava una spenta Matilda De Angelis, di solito bravissima, stavolta impegnata nella parte della femme-fatal doppiogiochista che decisamente non gli dona.
Fra caratteristi e personaggi secondari, brilla sicuramente fra tutti Maccio Capatonda, per la prima volta alle prese con un progetto non personale, che gioca con astuzia e intelligenza sulle sue esperienze di comico, ritagliandosi un suo piacevole spazio personale che eccelle sugli altri.
Dal punto di vista tecnico, la regia di Di Maria non esagera con i virtuosismi, regalando bellissimi scorci di location ed esaltando la favolosa fotografia dell'ormai scafatissimo Gian Filippo Corticelli. Il film è davvero un piacere da vedere, sia nelle scene d'azione che in quelle meno concitate. Un fumettone colorato che ha un suo perché, fra l'altro con una Signora colonna sonora, curata da David Holmes, che si dimostra perfettamente a suo agio nello stile della pellicola.
Il problema (grosso?) deriva da una sceneggiatura troppo semplice che spinge, spinge, ma non decolla mai. Si sorride ma non si ride, ci si diverte ma non ci si emoziona, si parteggia ma non si enpatizza, si cerca di essere seri ma poi si butta sulla battuta. Lo spettatore avverte troppo il peso delle scene, spesso esasperate dai continui dialoghi che sottolineano, anche quando non dovrebbero, la narrazione. Troppe spiegazioni che sarebbero dovute essere sostituite con il linguaggio delle immagini. Ciò porta a soffrire il film di un'eccesiva lunghezza e i 90 minuti, che in teoria non sarebbero nemmeno molti al giorno d'oggi, alla fine sembrano non finire mai. Alla fine fa piacere vedere questo cinema di genere in Italia e posso dire che l'esperimento, più nella forma che nella sostanza, è comunque meritevole di una visione.