ENOLA HOLMES 2
("Enola Holmes 2" - 2022 - 130 minuti)
La prima cosa che mi è dispiaciuta è stata il fatto che il promettente Sam Caflin non sia potuto tornare, per conflitti di programmazione, a interpretare Mycroft Holmes. La cosa ha lasciato però più spazio alla coppia formata da Millie Bobby Brown e Henry Cavill (che continua a ricordarmi più Jonathan Joestar che Sherlock Holmes) che, devo ammettere, funziona abbastanza bene, professando una discreta alchimia. Il film, il secondo tratto da una serie di romanzi gialli per ragazzi di Nancy Springer, fa il suo compitino senza infamia e senza lode, confezionato ad hoc per piacere al pubblico generalista e senza troppe pretese di Netflix.
Non mi è dispiaciuta la trama, intricata quanto basta per interessare e sostenuta da una solida regia dell'onesto mestierante Harry Bredbeer. Alcuni colpi di scena sono piuttosto telefonati, così come alcuni sono decisamente ridicoli per una scelta precisa di produzione, ma ci arriverò prima di chiudere.
"Enola Holmes 2" è divertente? Si, alla fine devo dire che la storia scorre piacevolmente fino all'epilogo, nonostante la simpaticissima (sarcasm!, ma forse mi rendo conto essere un problema personale) Millie Bobby Brown sia in costante e inspiegabile overacting, come stesse recitando in uno spettacolo per bambini, mentre il resto del cast risulta abbastanza composto, cosa che stona terribilmente sullo schermo. Assolutamente irritante poi il suo continuo ammiccare alla telecamera, abbattendo la quarta parete con considerazioni inutili, poco divertenti e che nulla aggiungano alla trama.
Carina la colonna sonora dell'esperto Daniel Pemberton, così come la ricostruzione della Londra vittoriana è consona alla storia raccontata, meno cupa di quella storica e più somigliante ad un immenso e colorato parco giochi.
Arriviamo alla nota più dolonte: il politically correct, in una delle sue intrusioni più devastanti ed ipocrite mai viste. Per quanto ormai sia chiaro che la linea produttiva di Netflix segue
costantemente questa direzione, forse in questo caso sarebbe bastato approfondire la nobile causa femminista presente nel film (soprattutto l'mportante figura storica di Sarah Chapman)
sull'emancipazione femminile e lo sfruttamento lavorativo delle donne...e invece no. Bisognava essere più inclusivi. A forza. Ed ecco che, nell'universo ucronico di Netflix, appaiono
continuamente figure afroamericane assolutamente fuori contesto (di cui una, fra l'altro nella rivelazione finale, talmente ridicola e forzata da sembrare una presa in giro allo spettatore),
tralasciando fra l'altro, spudoratamente, altre minoranze etniche, realmente presenti al tempo.
Un peccato rovinare così le storie che, tutto sommato, nel loro voler essere "leggere", funzionano.